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BRUNO MORASSUTTI ED IL MESTIERE DELL’ARCHITETTO


Bruno Morassutti

Sabato 8 febbraio presso il Palazzo Crepadona di Belluno è stata inaugurata la mostra multimediale ed il ciclo di incontri “Inclinazioni ’50/’70. Racconti di innovazione di architettura e design.”

La prima conferenza, incentrata sulla figura dell’architetto Bruno Morassutti, ci è molto piaciuta.

Lo spazio interno del cubo di Botta, che per l’occasione è stato ridipinto completamente di nero, è stato allestito con i disegni e gli schizzi dell’architetto, mentre su di uno schermo bianco dall’allusivo lato inclinato, posto su un’altra parete, sono state proiettate immagini del suo studio e delle sue opere.

Bruno Morassutti (Padova 1920 – Belluno 2008) è stata una figura centrale per quanto riguarda i temi dell’innovazione e della ricerca nel campo dell’edilizia e della progettazione di interni.

<Ho creduto (…) nella necessità della ricerca innovativa, al di là e al di sopra delle mode, stili e luoghi comuni; nella costante ricerca della “qualità” del progetto e nel controllo del suo sviluppo fin oltre il dettaglio>. Così Bruno Morassutti ha definito la sua filosofia progettuale e di fatto queste parole riassumono in modo perfetto l’excursus delle sue opere che ha presentato dall’arch. Giulio Barazzetta.

Dopo gli studi e la laurea in architettura allo IUAV Bruno Morassutti parte per un lungo viaggio attraverso l’America. Si fermerà alcuni mesi a seguire la Fellowship di Talisien West, poi, attraverso un itinerario che lo porterà a conoscere le principali opere allora realizzate dal suo maestro Wright, seguirà anche la comunità di Talisien Est. Da subito per lui architettura è ricerca ed insieme pratica del costruire.

E questo è l’aspetto che più ci è piaciuto e che oggi più di sempre si rivela un insegnamento rivoluzionario: il fatto che Bruno Morassutti, come racconta la figlia Valentina, portasse sempre con se’ la scatola degli attrezzi, per mettere alla prova le sue idee testandole direttamente con chiodi e martello. Questo legame diretto tra teoria e pratica, tra professione ed artigianato, ne fa fin da giovane un grande sperimentatore di nuove tecniche e soluzioni progettuali. Costruisce da se’ una capanna-unità minima per vivere alcuni giorni nel deserto in totale autonomia, attrezza un furgone trasformandolo in una casa-da-viaggio per le sue trasferte nei vasti territori americani.

Al ritorno in Italia porterà con se’ le nozioni imparate dal suo maestro a Talisien, ma con un’attenzione alla sperimentazione ed all’innovazione tecnica che rendono le sue opere uniche, perchè sempre lontane da formalismi o linguaggi vernacolari.

Nel 1954 Morassutti si associa con il quasi coetaneo Angelo Mangiarotti, conosciuto nello studio milanese dei BBPR dove entrambi lavoravano. Affiancati spesso dal più anziano ing. Aldo Favini, costruiranno, a Milano, edifici innovativi come la chiesa Mater Misericordiae a Baranzate di Bollate (Mi), gli edifici residenziali di via Gavirate (Mi) e il palazzo di via Quadronno.

In tutti questi esempi è la struttura che crea gli spazi: il ragionamento progettuale è strettamente legato all’innovazione delle tecniche costruttive, a volte cercando anche un connubio con il mondo della produzione industriale.

Emblematico in questo senso il progetto per il concorso In/Arch “Domosic” (1963) in cui Morassutti si affianca ad Enzo Mari, incrociando le sue ricerche sulla ripetibilità modulare e sulla prefabbricazione in campo architettonico con quelle nell’ambito dell’ “arte programmata” di Mari, nel campo delle arti visive e del design.

Il risultato è un progetto (che vinse il concorso) di un’attulaità ancora sconcertante: un edificio multipiano composto da alveoli a cubatura costante inseriti in una struttura reticolare e traslati l’uno rispetto all’altro secondo sequenze matematiche prestabilite.

Da questo studio scaturiranno le unità residenziali “Le Fontanelle” a San Martino di Castrozza (1964) che, con il loro volume frastagliato assecondano l’andamento delle linee di livello e quindi il profilo irregolare del bosco.

Anche Dino Buzzati ha scritto di questo edificio, definendolo con le parole poetiche e fantasiose con cui la conferenza stessa è stata aperta: “Morassutti potrà fare una quantità di ville e di case tutte diverse, una più fantasiosa dell’altra. Architetture straordinariamente lievi, quasi aeree, sulle quali, nottetempo, gnomi, folletti e spiriti delle antiche montagne si potranno divertire un mondo.”

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